Mangiatori di terra

 

Il Veneto è la seconda regione italiana, dopo la Lombardia, per consumo di suolo. Lo conferma il rapporto 2017 dell’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente, ed è evidente attraversando la pianura veneta dove lo sguardo incontra costantemente i segni dell’agire umano sul territorio. Nella sola provincia di Treviso, nei 95 comuni che la compongono, si identi­ficano circa 320 aree produttive; gli spazi naturali sono residuali, diffi­cile trovare orizzonti liberi e perdersi con lo sguardo verso l’in­finito. Il boom economico degli anni 70 ha portato, in questa regione di tradizione agricola, uno sviluppo industriale rapido, diffuso e disordinato: vicino alle case sono sorte le fabbriche, al posto dei campi sono comparsi i capannoni. Il territorio si è colorato di grigio e il verde si è ridotto progressivamente. Negli ultimi anni la crisi economica ha colpito anche questa regione con la chiusura di stabilimenti industriali, il tracollo dell’edilizia che ha lasciato opere incompiute, l’abbandono di spazi produttivi. La crisi è stata anche sociale: si sono perse alcune certezze, ad esempio quella del lavoro garantito, ed è venuta meno la comune ­fiducia nel futuro. Non pare però essersi spenta l’idea di continuare a costruire, di cementifi­care, di consumare. Ne è un esempio la costruzione della Superstrada Pedemontana Veneta, che dopo decenni, sta iniziando a vedere la luce nella pianura vicentina e trevigiana, accompagnata da molti interrogativi sulla sua concreta utilità. Accanto a tutto questo, alla fame di terra che sembra non placarsi mai, esistono, d’altro canto, storie di resistenza. Esistono persone che, con fatica, cercano di custodire le ricchezze ambientali e culturali di questa Italia, che fu de­finita un tempo “giardino d’Europa”; esiste la natura stessa che, nei luoghi dimenticati, si riappropria silenziosamente dello spazio grigio, e lo fa con tutta la forza della sua energia vitale.